Vernice Fotocatalitica

LA FOTOCATALISI E IL SUO SVILUPPO

La fotocatalisi è il fenomeno naturale in cui una sostanza, detta fotocatalizzatore, attraverso l’azione della luce (naturale o prodotta da speciali lampade) modifica la velocità di una reazione chimica. In presenza di aria e luce si attiva un forte processo ossidativo che porta alla decomposizione delle sostanze organiche ed inorganiche inquinanti che entrano a contatto con tali superfici. Non vi è dubbio che la fotocatalisi vada assumendo un ruolo sempre più primario nei processi biologici e nelle attività di controllo ambientali.. Il bisogno di un ambiente più pulito e di una migliore qualità della vita esortano a pensare ad un uso eco-compatibile della luce e del sole ed in questo contesto la fotochimica applicata ai materiali di costruzione potrebbe trasformarsi in una soluzione molto interessante tanto da diventare parte integrante della strategia mirante a ridurre l’inquinamento ambientale attraverso l’uso di materiali di costruzione che contengono fotocatalizzatori. Negli ultimi anni l’interesse scientifico e tecnico per le applicazioni della fotocatalisi è cresciuto esponenzialmente. Più di duecento studi per anno vengono pubblicati nel solo settore del trattamento di aria e acqua.

Può, ad esempio essere citata la degradazione fotocatalitica di derivati di erbicidi (Singh et al., 2003), del nitrobenzene (Bhatkande et al., 2003), di composti organici volatili (VOC) trasportati dall’aria (Wu e Chen, 2003), del bisfenolo (fukashori et al., 2003). Wu e Chen riportano che l’efficienza del Biossido di Titanio per la catalizzazione della fotolisi del benzene, dello xylene, del n-ettano, del metanolo, dell’acetone, dell’etil-etere, della formaldeide, del tricloroetilene e del percloroetilene, è stata dell’ordine di più dell’80% in 5 minuti (escludendo la formaldeide), con irradiazione da lampada al mercurio. Gli stessi autori riportano variazioni dell’efficienza in relazione a diversi quantitativi e tipi di Biossido di Titanio, all’intensità e alla tipologia di raggi ultravioletti (UV) ed altri aspetti correlati. I brevetti depositati sui prodotti fotocatalitici sono più di mille e il Giappone in questa fase fa la parte del leone. Si pensi che il mercato della fotocatalisi in Giappone, previsto per il 2005, è di 10 miliardi di dollari1. Attualmente il mercato giapponese è suddiviso per il 61% in prodotti per esterni, 18% prodotti per interni, 11% prodotti per pavimentazione stradale, 9% filtri, 1% altre applicazioni2 ma lo sviluppo delle applicazioni darà sempre più spazio al cruciale trattamento delle acque che conquisterà nei prossimi anni un terzo del mercato totale.

Il maggior programma di ricerca Europeo oggi attivo sulla fotocatalisi prende nome di Progetto PICADA – Photocatalytic Innovative Coverings Application for De-pollution Assessment – (applicazioni di rivestimenti fotocatalitici innovativi per la valutazione del disinquinamento) iniziato nel 2003 e destinato a protrarsi fino al 2005, le cui finalità sono il raggiungimento di una miglior comprensione dei processi di disinquinamento, la valutazione dei costi e longevità dei materiali impiegati, oltre allo sviluppo e alla commercializzazione del prodotto. Si prevede che questi nuovi materiali consentiranno di raggiungere l’obiettivo di ridurre i livelli di ossidi Azoto sotto i 21 ppb entro il 2010. L’Unione Europea ha riconosciuto l’importanza di questa tecnologia e già nel 2001 ha deciso di finanziare un progetto di ricerca che coinvolge le aziende di quattro paesi membri.

IN ITALIA?

In Italia la ricerca sulla fotocatalisi segue con passo felino l’esempio giapponese. Nel corso di questi ultimi dieci anni, infatti, l’interesse scientifico ed ingegneristico sull’applicazione della fotocatalisi allo studio dei materiali semiconduttori è risultato cresciuto altrettanto esponenzialmente, rispetto al resto del mondo, cercando di trovare la soluzione per le esigenze più pratiche. I prodotti fotocatalitici in grado di abbattere l’inquinamento atmosferico sono da poco rientrati nelle “Linee Guida per l’utilizzo di sistemi innovativi finalizzati alla prevenzione e riduzione dell’inquinamento ambientale” indicate dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio con decreto ministeriale del 1 aprile 2004 in attuazione della legge 16 gennaio 2004 nr. 045.

L’elenco dei Sistemi e delle Tecnologie innovative, redatto dal Ministero dell’Ambiente, riporta infatti con il Codice ST001, i materiali fotocatalitici: “malte, pavimentazioni, pitture, intonaci e rivestimenti contenenti sostanze fotocatalitiche con biossido di titanio per la riduzione di ossidi di azoto, VOC, batteri e di altri inquinanti atmosferici”.

Attraverso le numerose ricerche condotte da Global Engineering e laboratori di ricerca, univiersità i test di brillanza, effettuati attraverso la procedura fotocatalitica, mostrano la curabilità estetica di elementi di calcestruzzo realizzati con cemento bianco contenente percentuali variabili di TiO2 ed esposti in ambiente urbano per cinque anni. Da queste basi si è passato a considerare l’utilizzo di catalizzatori a base di TiO2 per ridurre i pericolosi ossidi da zolfo e di azoto, attraverso simulazioni in laboratorio, arrivando ad ottenere il risultato sperato: gli inquinanti venivano trasformati in sali minerali e calcare innocui, poi dilavati.

COME FUNZIONA

Se proviamo a scendere nel dettaglio di questa rivoluzionaria scoperta troviamo che il suo funzionamento ricalca quanto di più semplice esista in natura. La fotocatalisi imita la ben nota fotosintesi clorofilliana nel trasformare le sostanze ritenute dannose per l’uomo. Il processo chimico che sta alla sua base è infatti una ossidazione che si avvia grazie all’azione combinata della luce (solare o artificiale) e dell’aria.

I due elementi, a contatto con il rivestimento delle superfici, favoriscono infatti l’attivazione della reazione e la conseguente decomposizione delle sostanze organiche ed inorganiche (assimilabili a tutte le polveri sottili – PM10), dei microbi, degli ossidi di azoto, degli aromatici policondensati, del benzene, dell’anidride solforosa, del monossido di carbonio, della formaldeide, dell’acetaldeide, del metanolo, dell’etanolo, del benzene, dell’etilbenzene, del mexilene, del monossido e del biossido di azoto. Le sostanze inquinanti e tossiche, come mostra la figura qui sotto, vengono trasformate, attraverso il processo di fotocatalisi, in nitrati di sodio (NaNO3), carbonati di sodio (Ca(NO3))2 e calcare (CaCo3), innocui e misurabili in ppb (parti per miliardo). Il risultato è una sensibile riduzione degli inquinanti tossici prodotti dalle automobili, dalle fabbriche, dal riscaldamento domestico e da altre fonti.

Vernice Fotocatalitica Vernice Fotocatalitica

L’efficacia della reazione fotocatalitica, dipendendo dal contributo dei raggi UV, nella innocua banda di valenza compresa tra i 300 e i 400 nanometri (μm), è massima durante le ore di maggior irradiazione solare, minima nelle ore di oscurità, tranne nel caso di adozione di lampade contenenti raggi UV che garantiscono quindi una medesima efficacia della reazione.

LA SCIENZA GARANTISCE

La letteratura scientifica negli ultimi anni, stimolata dalla ricerca e sviluppo di Global Engineering, si è soffermata nell’analizzare l’effettiva validità della fotocatalisi confermando le qualità delle superfici fotocatalizzanti e riuscendo a calcolare la capacità effettiva di riduzione dell’inquinamento in aree urbane, attraverso la simulazione matematica.
Il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) in una relazione tecnica dal titolo “Malte cementizie fotocatalizzate per la riduzione dell’inquinamento atmosferico”3 fornisce una stima della quantità di sostanze inquinanti che una superficie fotocatalitica è in grado di trasformare, partendo dalla quantità depositata fino alla riduzione per effetto della reazione stessa.

“… una superficie attiva di un metro quadrato potrebbe riuscire a depurare al 90% un metro cubo di aria in 45 secondi.

Oppure, 1 Km2 di superficie attiva potrebbe muovere dall’atmosfera ben 32 Tonnellate di inquinante per anno. Si tratta di una potenza depurativa molto significativa sotteso che nel corso di un’ora tale depurazione può

essere estesa a 3600/45 = 80 m3, ossia un metro quadrato di superficie attiva rimuove il 90%

dell’inquinamento contenuto in 80 m3 di aria in appena 1 ora… Da questa constatazione nasce l’idea di impiegare il rivestimento per mezzo di malte cementizie fotocatalitiche, ossia malte contenenti composti chimici in grado di reagire molto facilmente con alcuni inquinanti causandone la rimozione per assorbimento diretto. Poiché, ad esempio, nell’area omogenea di Milano si stimano ratei di emissione annui di circa 13.000 T/anno (Stima 1998), appare evidente che la disponibilità di superfici con fotocatalizzatori potrebbe determinare condizioni particolarmente favorevoli alla rimozione degli ossidi di azoto fino a livelli compatibili con gli standard di qualità dell’aria.”

Analoghe conclusioni sono riportate dall’Università di Urbino in cui si afferma che “…’impiego di malte cementizie fotocatalitiche, ossia malte contenenti composti chimici in grado di reagire molto facilmente con alcuni inquinanti causandone la rimozione per assorbimento diretto è una applicazione di grande attualità. In questi materiali l’esposizione a radiazioni UltraVioletta (UV a lunghezza d’onda λ<400 nm) provoca la formazione di particelle che catalizzano reazioni di ossidazione e di riduzione rispettivamente. Tali reazioni trasformano gli inquinanti generando una nuova specie chimica a ridotto impatto ambientale…”4 Il migliore risultato è stato ottenuto per un idropittura

Vernice Fotocatalitica

fotocatalitica che è stata in grado di abbattere il monossido di azoto (NO) di circa il 90% dopo un’ora ed in maniera totale dopo circa due ore.

Tali conclusioni sono concordi anche con altri studi effettuati dall’Università di Ferrara, dal Centro Nazionale delle Ricerche di Ispra, dall’Istituto per tecnologia delle Costruzioni (ITC), i cui risultati sono ampiamente descritti in una serie di relazioni tecniche disponibili per la consultazione.

IMPATTO AMBIENTALE DELLA REAZIONE CHIMICA

Poiché in natura nulla si crea e nulla si distrugge, anche la reazione fotocatalitica presenta dei residui che derivano dalla sua azione ossidante. Generalmente i composti che derivano dalla trasformazione degli inquinanti sono sali minerali e calcare, prodotti in quantità minima (parti per miliardo) invisibili e innocui.
Il CNR ha voluto comunque valutare le caratteristiche dei residui ambientali che verrebbero a crearsi dalla trasformazione degli inquinanti più frequenti e più pericolosi contenuti nell’aria che respiriamo.

Biossido di azoto

La degradazione del biossido di azoto forma essenzialmente nitrati solubili in acqua e, eventualmente nitriti. La quantità formata di queste specie è molto contenuta per cui esse non costituiscono problema per le acque dilavate. Nel caso di manufatti non esposti, le molecole di nitrato di calcio, risultanti dalla reazione di fotoossidazione, rimangono nella superficie fotocatalitica come sostanze inerti.

Formaldeide

La formaldeide viene degrada a monossido di carbonio oppure a biossido di carbonio. Causa la concentrazione relativamente bassa di formaldeide, anche le concentrazioni dei prodotti formati saranno molto basse ed inferiori di circa 100 volte a quelle normalmente presenti nell’ambente. L’eventuale ossidazione di formaldeide porterebbe alla formazione di biossido di carbonio ed a tracce di acido formico che sarebbero comunque assorbite dal substrato alcalino della superficie fotocatalitica.

Biossido di Zolfo

Il biossido di zolfo viene ossidato ad acido solforico, a sua volta immediatamente adsorbito dal substrato alcalino della superficie fotocatalitica. Il risultato è la formazione di solfato di calcio, debolmente solubile in acqua. Il solfato di calcio, comunemente conosciuto come gesso, non costituisce problema per l’ambiente.

Monossido di carbonio

L’ossidazione del monossido di carbonio porta alla formazione di biossido di carbonio, sostanza praticamente inerte. Il monossido di carbonio potrebbe anche essere ossidato dai radicali OH portando ala formazione di radicali idrogeno (H). Tali radicali reagiscono velocemente con l’Ossigeno dell’aria formando radicali idroperossido:

H + O2 ⇒ HO2
Quest’ultimo radicale possiede proprietà ossidanti molto più spiccate del radicale OH, per cui il monossido di carbonio

potrebbe amplificare le proprietà ossidanti della superficie fotocatalitica con evidente aumento della sua capacità depurativa.

Benzene

La degradazione di benzene su superfici fotocatalitiche procede a velocità molto basse stante la scarsa reattività del benzene verso il radicale OH. Le molecole ossidate possono comunque trasformarsi in composti più semplici quali aldeidi od acidi bivalenti che non portano a nessun effetto ambientale. In alternativa, si può ipotizzare che il Benzene possa addizionare radicali OH e trasformarsi quindi in fenolo, sostanza questa solubile in acqua e comunque di scarso interesse ambientale a causa delle basse concentrazioni risultanti.

Particolato

L’evoluzione del particolato sulle superfici fotocatalitiche è ancora oggetto di speculazione scientifica. Con ogni probabilità le particelle che costituiscono il particolato atmosferico vengono attratte sulla superficie a causa della presenza di cariche libere. Una volta sulla superficie, le particelle potrebbero reagire con i radicali liberi o con molecole di acqua e di ossigeno, degradandosi a sostanze organiche ossigenate solubili in acqua. La parte inorganica, costituita da composti già ampiamente ossidati, non dovrebbe invece alterarsi.

Possiamo quindi dedurre che i residui della fotocatalisi possono essere ritenuti assolutamente trascurabili.

CASPANIGREENPROJECT

VANTAGGI REALI E IMMEDIATI UTILIZZANDO FOTON PROGETTATO DA CASPANI SRL

Il vantaggio dell’utilizzo di FOTOSAN applicato con Il Sistema ecoattivo F.S.N. porta realmente il verificarsi di tre realtà:

  • Antinquinamento
  • Antisporcamento
  • Antibattericità

Queste proprietà, che volutamente abbiamo esplicitato in termini pratici, sono il semplice frutto dell’ossidazione delle sostanze che entrano a contatto con una superficie fotocatalitica. Se sono sostanze inquinanti (Biossido di azoto, Biossido di Zolfo, Monossido di carbonio, particolato fine) si può parlare di reazione antinquinamento, se sono sostanze sporcanti (nerofumo, coloranti) possiamo parlare di reazione antisporcamento, se sono batteri, muffe, funghi e microrganismi, possiamo parlare di reazione antibatterica.

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